Onorevoli Colleghi! - La recente tornata elettorale ha reso evidenti alcuni gravi limiti della legge elettorale approvata poco prima delle elezioni stesse (legge 21 dicembre 2005, n. 270). Dal punto di vista della rappresentanza, il sistema ha quasi annullato il rapporto tra eletti ed elettori che era molto più fecondo sotto la vigenza della precedente normativa elettorale, scaturita dal referendum del 1993. Dal punto di vista della governabilità, la legge vigente ha incentivato ulteriormente la frammentazione dentro le coalizioni maggiori, come dimostrato dall'alto numero di liste presentate che ha caratterizzato le elezioni del 9 e 10 aprile 2006.
      Peraltro, non sarebbe convincente una mera riproposizione della disciplina elettorale in vigore nelle precedenti tre elezioni politiche (uninominale a turno unico con quota proporzionale), proprio perché essa non solo non ha risolto i problemi del rapporto tra maggioritario e proporzionale, ma anzi, in combinato disposto con le norme in materia di rimborso delle spese elettorali ai movimenti e partiti politici e di finanziamenti alla stampa di partito, ha di fatto portato all'esistenza di più partiti politici rispetto al periodo della prima Repubblica.
      Da più parti in questi anni si è sottolineato come il sistema uninominale a doppio turno abbia avuto in altre esperienze un significativo impatto su sistemi politici caratterizzati da una forte frammentazione, consentendo una graduale riduzione di tale difetto e realizzando così un bipolarismo ordinato. Il doppio turno, come sappiamo anche dalle elezioni amministrative, consente di tenere conto sia

 

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di posizioni politiche diverse, tali da non potersi unire da subito al primo turno, sia dell'esigenza di incentivare una bipolarizzazione solida basata su accordi trasparenti tra le forze politiche di fronte all'elettorato. Come ha scritto anche il professor Stefano Ceccanti: «Il sistema uninominale a doppio turno è il metodo più efficace per ridurre gradualmente ma realmente la frammentazione».
      L'introduzione del sistema uninominale a doppio turno viene così a prescindere dalle diverse forme di governo, parlamentari o semi-presidenziali, che si possono innestare sul sistema elettorale basato sul collegio uninominale.
      Per questo la presente proposta di legge mantiene le proporzioni tra quota proporzionale e maggioritaria fissate in seguito al voto referendario del 1993, ma introduce nei collegi il doppio turno. Essa si limita a modificare il testo unico delle leggi per l'elezione della sola Camera dei deputati, perché la questione relativa al sistema per l'elezione del Senato della Repubblica va affrontata in termini costituzionali, ispirandosi agli Stati federali contemporanei, non solo escludendo tale Assemblea dal rapporto fiduciario con il Governo, ma anche evitando che essa abbia un abnorme potere di blocco dell'indirizzo politico nazionale. La questione del sistema elettorale del Senato potrà essere affrontata solo dopo la risoluzione di tali nodi costituzionali.
      L'articolo 1 presenta quindi i fondamenti del sistema, l'equilibrio quantitativo tra maggioritario e proporzionale e il doppio turno. Si prevede peraltro l'innalzamento della soglia di sbarramento al 5 per cento (adottata nel sistema tedesco), che si è dimostrata più idonea a scongiurare una eccessiva frammentazione che costituisce motivo di disorientamento dell'elettore e di inefficienza del nostro sistema politico. Gli articoli seguenti tendono in sostanza a ricostruire il sistema previgente, anche se sono stati previsti alcuni ritocchi significativi legati all'esperienza.
      In particolare il nuovo articolo 17-bis prevede il collegamento tra candidati e liste solo come facoltà al fine di permettere l'uso di simboli identici o analoghi nei due canali e non come obbligo, in quanto viene eliminato il cosiddetto «scorporo» che inquinava le due competizioni provocando elusioni e confusioni. Per di più si rendono così possibili anche candidature indipendenti, sganciate da liste. In questo modo il doppio turno tende a incorporare parte delle esigenze emerse con la richiesta delle primarie perché consente, nel caso, a candidati esclusi da logiche oligarchiche di presentarsi al primo turno con una sfida interna al proprio polo, per cui sarebbero gli elettori a stabilire poi chi deve arrivare al «ballottaggio».
      Il combinato disposto tra il nuovo articolo 18-bis e il nuovo articolo 19 consente, poi, la candidatura in un collegio e in una sola lista della medesima circoscrizione, eliminando il fenomeno delle candidature multiple, esploso con la nuova legge, ma che era reso possibile già dalla legge previgente, dove era fissato un tetto di tre circoscrizioni. In tal modo si assicura il collegamento diretto tra l'eletto e il territorio.
      Appare opportuno porre mano a queste riforme per rispondere all'insoddisfazione crescente per un sistema «oligarchico», di fatto rafforzato dalla legislazione vigente, e per far fronte anche ai possibili danni alla governabilità che potrebbero manifestarsi nel medio-lungo termine sulla base delle disposizioni introdotte dalla legge n. 270 del 2005.
 

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